Risparmio di minima entità

I reati presupposto commessi con violazione della normativa antinfortunistica

L’Art. 25-septies del D.lgs. 231/01 prevede la responsabilità amministrativa dell’ente per i reati colposi commessi con violazione delle norme in materia di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro da soggetti apicali ovvero sottoposti.

I criteri di imputazione oggettiva della responsabilità sono, anche in questo caso, l’interesse e/o il vantaggio ricavato dall’ente in seguito alla azione/omissione intervenuta.

Nei reati colposi, però, entrambi i criteri assumono caratteristiche peculiari e vanno riferiti, come confermato a più riprese dalla Corte di Cassazione, alla condotta del soggetto agente e non all’evento penalmente rilevante, non potendosi ipotizzare un interesse o vantaggio per l’ente in tali situazioni che, al contrario, comportano sempre conseguenze negative.

La nozione di risparmio di minima entità nei reati presupposto di natura colposa

Il principio di proporzionalità impone una ponderazione tra la pena inflitta all’autore del reato e l’offesa al bene giuridico tutelato dall’ordinamento.

Di recente, percorrendo questo sentiero, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui nei reati colposi, ove il risparmio di spesa derivante dall’omissione delle cautele sia esiguo e l’organizzazione osservi generalmente le disposizioni in materia di salute e sicurezza, per poter dimostrare il vantaggio occorre la prova rigorosa “della oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quella della tutela della salute dei lavoratori”.

Detto altrimenti, laddove la violazione sia episodica e l’organizzazione agisca in un quadro di legalità, l’interesse va escluso e la responsabilità può sussistere solo in caso di vantaggio non irrisorio, frutto di una scelta organizzativa volontariamente orientata al perseguimento di un risparmio di spesa o di una riduzione dei tempi di lavorazione. In altre parole, deve esserci una prospettazione ex ante del soggetto agente che intende perseguire un beneficio per l’organizzazione.

Il principio affermato, inoltre, può trovare applicazione soltanto nei casi in cui l’omissione rappresenti una sottovalutazione del rischio ovvero un’errata predisposizione delle misure di sicurezza volte a contenerlo.

Ne consegue che, anche a fronte di un risparmio di minima entità rispetto alla generalità delle spese sostenute dalla società per la sicurezza, tale principio non può essere invocato nei casi in cui l’organizzazione ha valutato quel rischio come esistente (magari indicandolo anche nel DVR) e non ha posto in essere, per un lungo arco di tempo, le misure atte a prevenirlo.

La mancata attuazione delle misure volte a ridurre il rischio individuato, infatti, rappresenta il risultato tangibile di una scelta consapevole dell’organizzazione, orientata al risparmio di spesa e/o alla riduzione dei tempi di lavorazione.

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