Quali sanzioni si applicano all’ente e come vengono scelte

Il D.lgs. 231/01 prevede una serie di sanzioni che si applicano all’ente in seguito all’accertamento della responsabilità amministrativa. L’Art. 9 del Decreto, in tal senso, individua quattro tipologie di sanzioni:

  • la sanzione pecuniaria;
  • le sanzioni interdittive;
  • la confisca del prezzo o del profitto del reato, anche nella forma per equivalente;
  • la pubblicazione della sentenza.

La sanzione pecuniaria


Ai sensi dell’Art. 10 del Decreto, la sanzione pecuniaria trova sempre applicazione, a prescindere dal reato presupposto verificatosi.

Il meccanismo per l’applicazione della sanzione pecuniaria è quello delle quote, che funziona nel seguente modo:

  • il giudice determina il numero di quote da applicare (min. 100 – max. 1000);
  • ad ogni quota viene assegnato un valore economico (che oscilla tra 258 euro e 1549 euro).

L’ammontare della sanzione pecuniaria è, quindi, il risultato della moltiplicazione tra il numero di quote ed il valore assegnato alla singola quota.

Nella fase di determinazione del numero di quote, il giudice deve tener conto della gravità del fatto, del grado di responsabilità dell’ente e delle attività (postume) realizzate dall’ente per eliminare/attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L’importo delle sanzioni, in ogni caso, è commisurato alle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente, venendo in questo modo rispettato il principio di proporzionalità.

L’Art. 12 rende possibile la riduzione della sanzione pecuniaria della metà ovvero dei due terzi in alcuni casi:

  • il soggetto agente ha commesso il reato nell’interesse proprio ovvero di terzi e l’ente non ne ha ricavato un vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo;
  • il danno patrimoniale conseguente al reato è di particolare tenuità;
  • l’ente ha risarcito per intero il danno e ha eliminato le conseguenze del reato o si è adoperato in tal senso;
  • l’ente ha adottato un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (modello post crimen patratum).

Le sanzioni interdittive


Le sanzioni interdittive sono le più pesanti per l’ente perché potenzialmente in grado di limitare lo svolgimento della sua attività e sono:

  • interdizione dall’esercizio dell’attività;
  • sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
  • divieto di contrattare con la pubblica amministrazione;
  • esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e revoca di quelli già concessi;
  • divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Le sanzioni citate hanno natura temporanea, eccezion fatta per le previsioni di cui all’Art. 16 del Decreto. I requisiti che devono ricorrere per poter applicare le sanzioni interdittive sono: espressa previsione legislativa; conseguimento di un profitto rilevante da parte dell’ente e/o reiterazione dell’illecito.

La discrezionalità in ordine al tipo e alla durata delle sanzioni non è assoluta in quanto, ai sensi dell’Art. 14 del Decreto, il giudice deve attenersi agli stessi criteri utilizzati per stabilire la sanzione pecuniaria (gravità del fatto, grado di responsabilità dell’ente e attività realizzate per eliminare/attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti).

Esiste, infine, la possibilità per l’ente di evitare le sanzioni interdittive. Per conseguire questo risultato l’ente, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, deve:

  • risarcire integralmente il danno ed eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero adoperarsi in tal senso;
  • eliminare le carenze organizzative attraverso l’adozione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
  • mettere a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.

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